Descrizione
Un blocco di marmo bianco di Carrara. Una grande pietra scolpita e ruvida proveniente dal monte Altissimo, dalla quale emergono il profilo di un volto e cinque mani. Elementi, questi ultimi, realizzati in bronzo. Cinque mani di fascisti, una per ciascuno dei cinque assassini, quelli che tolsero la vita a Giacomo Matteotti, accoltellandolo più volte con ferocia. Era il giugno del 1924, poco più di cento anni fa. Il profilo bronzeo impresso nel blocco di marmo bianco ricorda il martire, colui che dopo aver pronunciato il suo discorso in Parlamento per denunciare la violenza, l’illegalità e i brogli elettorali (oltre a sospette tangenti ed episodi di corruzione) dei fascisti alle elezioni del 1924, disse all’onorevole che gli sedeva accanto nell’emiciclo: “Ora preparate il mio funerale”.
La pietra è stata scolpita e le parti in bronzo modellate dalla sapienza e manualità di Franca Frittelli, insegnante, un’artista a tutto tondo, dalla scultura al teatro, che nel tempo ha forgiato opere intrise di alto senso civico. Come questa dedicata a Giacomo Matteotti, la cui firma smaltata in rosso è incisa nel bianco splendente sul retro del blocco di marmo, insieme alle date di nascita (1885) e di morte (1924). Dell’arte di Franca Frittelli ha parlato al microfono in piazza Santa Teresa, nei cui giardini è stato posizionamento il monumento, lo storico dell’arte Gianfranco Ferlisi, prima di dare la parola a Frittelli che ha ringraziato e si e detta detta orgogliosa che ci sia in un luogo pubblico a Rosignano Solvay una scultura realizzata da una donna. Ha affermato di essere profondamente femminista e che questa scultura rappresenta l’auspicio affinché tutte le donne e quindi anche le donne-artiste riescano a conquistare sempre di più spazi e visibilità.
Questa è stata l’ultima parte della cerimonia, che era cominciata con l’intonazione da parte del Coro ANPI di una canzone dedicata a Matteotti, a cui subito dopo è seguita la scopertura della scultura che era stata avvolta in un drappo rosso. È stato il sindaco Claudio Marabotti, insieme a Giacomo Luppichini dell’ANPI, all’onorevole Valdo Spini presidente della Fondazione Circolo Rosselli, presente l’autrice Franca Frittelli, a tirare la cordicella che ha svelato l’opera. Poi Marabotti ha raggiunto la postazione microfonica fasciata nel tricolore e a fianco del Gonfalone del Comune di Rosignano Marittimo ha pronunciato un discorso che è stato al tempo stesso politico, storico e di esortazione per il futuro, soprattutto quello dei ragazzi della scuola superiore Mattei che sono arrivati con alcuni docenti nella piazza dove si è svolta la cerimonia, presenti anche rappresentanti della Polizia di Stato, dei Carabinieri, della Marina Militare (Guardia Costiera) e della Polizia locale.
Nell’ultima parte del suo discorso, il sindaco ha sostenuto che “tenere viva l’eredità di Giacomo Matteotti significa oggi resistere alle semplificazioni ideologiche di chi vuole convincere gli europei che dobbiamo prepararci ad una guerra. Significa usare il lume della ragione per riconoscere le fallacie radicali del pensiero ottusamente bellicista che viene sparso da tutti i canali di informazione e tenere tenacemente accesa la fiamma della speranza verso una soluzione dei conflitti basata sul dialogo, sulla diplomazia, sulla cooperazione piuttosto che sulla competizione. La lotta alla pandemia Covid-19 ci ha insegnato che di fronte ad una minaccia globale l’umanità è capace di collaborare e di ottenere risultati straordinari basati sulla condivisione libera di informazioni e sull’aumento dei finanziamenti verso la sanità e verso la ricerca scientifica”.
Bisogna guardare alle difficoltà di oggi “con lo stesso coraggio - ha indicato Marabotti - con cui Matteotti guardò in faccia la violenza del potere. Il suo esempio ci deve ricordare che l’amministrazione della cosa pubblica è un dovere di serietà. Che l’uguaglianza non è un favore, ma un diritto. Che la verità non va taciuta per convenienza. Che il dritto e la pace vanno difesi con la ragione, non con armi e bandiere. E che la dignità di un popolo si misura non dai monumenti che erige, ma dalla fedeltà che mantiene verso gli ideali di coloro a cui i monumenti vengono dedicati”.
“Matteotti era un idealista - aveva detto nella prima parte del suo intervento il sindaco Marabotti - un pensatore attento all’uguaglianza, oltre che alla libertà. Aveva compreso che la libertà senza la giustizia sociale è un guscio vuoto, un privilegio di pochi. La sua idea di democrazia era concreta: non l’astratta libertà di competere, ma la libertà di vivere dignitosamente un modello sociale che rispondesse in modo bilanciato alle esigenze di libertà ed equità. Era realista, non credeva nella logica simmetrica della reazione alle violenze fasciste. Non invitava la popolazione a rispondere colpo su scolpo, perché aveva chiaro che la spirale della vendetta conduceva solo verso la distruzione. Chiamava i cittadini alla moderazione per non cadere nella trappola dell’odio che i fascisti volevano alimentare. La sua non fu debolezza, ma una forma profonda di strategia politica e di coraggio civile”. E Marabotti ha anche citato il discorso pronunciato da Matteotti il 31 gennaio del 1921, un anno e mezzo prima della marcia fascista su Roma. Matteotti aveva tentato di scuotere le coscienze su un futuro fatto di violenza e di compressione delle libertà fondamentali: “La classe che detiene il privilegio politico ed economico - disse Matteotti - che ha con sé la magistratura, la polizia, il governo, l’esercito, ritiene sia giunto il momento in cui per difendere il suo privilegio esce dalla legalità e si arma contro il proletariato”. Il sacrificio di Matteotti mise in difficoltà il potere del fascismo, ma non riuscì ad arrestarne il cammino verso uno dei periodi più bui della nostra storia. Ci sono assonanze fra il periodo intercorso fra la prima e la seconda guerra odiale e l’oggi. All’epoca le élite erano spaventate dal bolscevismo, attualmente a paventare sono i segni di una crisi del sistema basato sul potere del capitalismo finanziario occidentale.
Ma cosa significa oggi inaugurare un monumento dedicato a Matteotti? “Il significato, intanto, è che gli appuntamenti continuano ben oltre il 2024 in cui si celebrava il centenario dell’assassinio di Giacomo Matteotti - ha detto l’onorevole Valdo Spini - Perché riferirsi a quest’uomo che ha sempre dedicato la sua vita alla difesa della democrazia e delle libere istituzioni parlamentari rappresenta un elemento di rafforzamento della nostra convivenza repubblicana. Sono forti quelle democrazie - ha sostenuto Spini - che sanno coltivare la memoria, deboli quelle che la cancellano. Con questo evento il Comune di Rosignano Marittimo dà un bel contributo a quanto sostenuto poco fa”.
Molti, durante gli interventi, gli inviti ai giovani studenti a elaborare un proprio pensiero e a confrontarsi con la democrazia che deve essere salvaguardata. Fra gli inviti anche quello di “pensare con la propria testa” e non farsi trascinare da pensieri dominanti o dalla Rete. Grande soddisfazione ha dimostrato la professoressa Cristina Grieco, dirigente scolastica, nel vedere - invitandoli anche ad una riflessione in classe con gli insegnanti - studentesse e studenti prendere parte alla cerimonia. Successivamente ha preso brevemente il microfono un insegnante e scrittore, Pardo Fornaciari, quindi Graziano Luppichini referente locale dell’Associazione Socialista Liberale. Parlando di Matteotti ha indicato il suo essere martire “per affermare i valori del socialismo che stava dando all’Italia un riscatto dopo la prima guerra mondiale e il rispetto di chi lavorava in condizioni precarie. Matteotti - ha indicato Graziano Luppichini - non era un operaio, veniva una famiglia borghese. Ma era un uomo illuminato, che guardava agli ultimi. Era un uomo che conosceva le aspettative delle popolazioni, di coloro che avevano meno. Era un uomo che portava avanti la fede del socialismo per cui nessuno deve rimanere indietro. Qualcuno, lo ha ricordato Pardo Fornaciari, lo chiamava Tempesta, proprio perché - ha aggiunto Luppichini - aveva questo suo modo di combattere e di affrontare verbalmente i problemi, di porli all’attenzione di chi aveva la possibilità e la facoltà di poterli risolvere. Ma si è trovato solo, di fatto, anche all’interno del suo partito a sostenere quella battaglia contro il fascismo che lui aveva intuito, dopo la marcia su Roma, sarebbe stato devastante”.
La scheda. Giacomo Matteotti era nato nel 1885 a Fratta Polesine. Fu assassinato il 10 giugno del 1924 a Roma dai fascisti perché -membro del Partito Socialista Unitario e deputato del Regno d’Italia - aveva denunciato in Parlamento - come già accennato - la violenza, l’illegalità e i brogli elettorali commessi dai Fascisti durante le elezioni dell’aprile del 1924. Prima di essere ucciso, Matteotti fu rapito mentre camminava per strada a Roma (stava recandosi a Montecitorio) da una squadra fascista capitanata da Amerigo Dumini. Il corpo del politico socialista fu trovato soltanto a metà agosto dello stesso anno: accoltellato a morte il giorno del rapimento, il 10 giugno, fu sepolto nella macchia della Quartarella a Riano.