Dal castello di Rosignano Marittimo a vada e castiglioncello: il territorio del primo granduca nel convegno cosimo i e i pirati del mediterraneo. Strategie di difesa marittima del granducato di toscan...

Dal castello di rosignano marittimo a vada e castiglioncello: il territorio del primo granduca nel convegno cosimo i e i pirati del mediterraneo.
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23/11/2024

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Descrizione

Poteva osservare il mare e le isole fino all'Elba e alla Corsica dall'alto del suo castello arroccato sull'ultima propaggine delle colline livornesi. E poi apparivano, davanti agli occhi di Cosimo I, il verde della macchia ma anche l'acqua ferma delle aree paludose, gli stagnoli, che nella parte pianeggiante verso sud punteggiavano la costa. La malaria era il grande nemico ed Eleonora di Toledo, l'amata moglie e madre di suoi undici figli, fu proprio a Rosignano - secondo alcuni storici - che contrasse la malattia che la portò alla morte (il 17 dicembre 1562) insieme a due dei suoi giovani “ragazzi", Giovanni (20 novembre 1562) e Garzia (6 dicembre 1562). Forse morirono proprio lì, nel Castello che domina il tratto di costa da Castiglioncello a Piombino. O forse - secondo altri storici - nel palazzo che i Medici avevano a Pisa. Di sicuro per Cosimo I, duca di Firenze e poi granduca di Toscana dopo la bolla papale che Pio V emanò nel 1569, quella di Rosignano fu una residenza dove trascorreva lunghi periodi nel corso dell'anno.E proprio al Castello, che oggi ospita la sede principale dell'amministrazione comunale, che si è svolto un interessante convegno nel 450° anniversario della morte del primo granduca di Toscana e di Giorgio Vasari, l'architetto che “fece" gli Uffizi e il corridoio Vasariano che collega ancora oggi (passando proprio attraverso gli Uffizi) Palazzo Vecchio con Palazzo Pitti Quest'ultimo era la residenza familiare dei Medici, mentre Palazzo Vecchio rappresentava il cuore del potere politico e del governo della Toscana.Il convegno, organizzato attraverso la partecipazione ad un apposito bando nell'ambito delle celebrazioni promosse dalla Regione per il 450° anniversario della morte di Cosimo e di Vasari, è stato promosso da Carolina Megale, direttrice del Museo Civico Archeologico di Palazzo Bombardieri, inglobato proprio nell'area del Castello. Una giornata di studi ricca di spunti, a partire dal titolo: Cosimo I e i pirati del Mediterraneo, strategie di difesa marittima del Granducato di Toscana. Per questo nell'Auditorium Giuseppe Danesin sono arrivati docenti universitari, ricercatori, appassionati di storia locale che hanno fornito elementi di approfondimento a proposito di questo aspetto della politica e delle scelte di governo di Cosimo I.Il convegno è stato introdotto da Claudio Marabotti, sindaco del Comune di Rosignano Marittimo e dalla direttrice Megale ai quali si è poi affiancato Eugenio Giani, presidente della Regione, appassionato e studioso di storia, autore anche di un volume dedicato proprio al primo granduca di Toscana. Giani ha sottolineato l'interesse del tema scelto per l'evento a Rosignano ed ha posto fortemente l'accento sul fatto che la Toscana, diventata granducato nel XVI secolo grazie a Cosimo I, rappresenti, essendo stata per 450 anni un territorio storicamente consolidato sotto il profilo governativo, una realtà la cui identità e prestigio sono di rilevante importanza per l'Europa. Lorenzo il Magnifico - ha ricordato Giani - fu il mecenate, colui che elevò la cultura a modo di governo mentre Cosimo I fu lo statistia della famiglia Medici, colui che gettò i tratti fondanti della Toscana moderna. Il presidente Giani ha ricordato quanto Cosimo I tenesse in considerazione il ruolo che il mare rappresentava per il Granducato, e di conseguenza le strategie di difesa marittima diventarono molto importanti.Tamar Herzig, dell'Università di Tel Aviv, in apertura del convegno si è collegata in video con l'Auditorium Danesin sviluppando una serie di tematiche relative alla Toscana e alla sua area costiera inquadrandole nell'epoca in questione, il XVI secolo, soffermandosi sul ruolo dei Cavalieri di Santo Stefano, istituiti grazie a Cosimo I e alla bolla papale di Pio IV nel 1562. sulla schiavizzazione nel bacino del Mediterraneo (maschile, ma anche femminile). sulla presenza dei pirati: sulla loro cattura e quindi aprendo un ampio focus su Livorno e il suo porto, sul massiccio investimento dedicato alle attività portuali, sulla definizione del ruolo di città, sulle leggi livornine che davano incentivi agli stranieri che arrivavano per commerciare, offrendo libertà religiosa e quindi “protezione" dall'inquisizione romana. Si è parlato del Porto Franco, ma anche degli schiavi musulmani che venivano catturati dai Cavalieri di Santo Stefano e andavano a ingrossare il Bagno penale degli schiavi.“Il sistema difensivo costiero di Cosimo I" è stato il cuore della prima sessione della giornata di studi (a seguire ne parliamo in parte, ndr). Marco Paperini del Centro Studi Città e Territorio si è soffermato su quelle che erano le relazioni mediterranee nel Cinquecento. Rispondeva lo storico Fernand Braudel alla domanda “cos'è il Mediterraneo?": “Mille cose insieme. Non un paesaggio, ma innumerevoli paesaggi. Non un mare, ma un susseguirsi di mari. Non una civiltà, ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre. Viaggiare nel Mediterraneo significa incontrare il mondo romano in Libano, la preistoria in Sardegna, le città greche in Sicilia, la presenza araba in Spagna, l'Islam turco in Iugoslavia". Paperini ha quindi aperto alcuni focus sul fenomeno della pirateria presente sulle coste ma anche dei pirati che “lavoravano" per conto di questa o quella potenza. del fatto che con Cosimo I lo spostamento dei sistemi difensivi fu dalla costa continentale alle isole che diventano così i baluardi (pensiamo a Cosmopoli, il progetto di Cosimo I per Portoferraio, con le fortezze che dominano il mare).Restando nel territorio del Comune di Rosignano, due i principali focus storici. Il primo, legato alla rifunzionalizzazione del sistema difensivo esistente ai tempi di Cosimo I, ha avuto come protagonista la Torre di Vada, e il secondo la via dei Cavalleggeri da Livorno a Vada.Il primo argomento è stato affrontato da Domingo Belcari dell'Università di Pisa e il secondo da Edina Regoli, ricercatrice indipendente, archeologa, già direttore del Museo Civico di Palazzo Bombardieri. Belcari ha parlato del Castello di Vada, non più esistente, ma ha accennato anche alla Torre, ovvero quella che in tempi recenti e fino agli anni Settanta ha ospitato il vecchio faro di terra sulla via di Marina che porta al lungomare vadese. Belcari ha raccontato quali erano le caratteristiche del territorio (paludoso) nel XVI secolo, raccontato la lunga frequentazione nei secoli del porto di Vada (Vada Volaterrana), lo spopolamento dopo l'VIII secolo d.C., quindi il Medioevo con la presenza pisana, la costruzione di un castello, la presenza di un monastero e di una pieve. Il Castello di Vada ha una storia controversa, compare in un documento per la prima volta attorno all'anno Mille, non ci sono attestazioni di tipo archeologico, si parla di resti su alcune cartografie del XVIII e XIX secolo, e viene collocato fra la Torre e via Gorgona. Le sue tracce si perdono alla fine del 1400 quando i fiorentini, dopo un'aspra battaglia, occuparono il porto vadese.Edina Regoli ha invece trattato nello specifico l'argomento della Torre. L'origine risale al periodo attorno al 1280, quando fu edificata dai pisani che erano legati per i commerci al porto vadese. Il governo di Firenze restaurò poi la struttura, che si trovava in mezzo a un'area spopolata, paludosa e malarica, nel corso del XV secolo. Fu così inserita nel sistema difensivo costiero a protezione del litorale dalle scorribande dei saraceni e successivamente, dopo la crescita del porto di Livorno, anche dai contrabbandieri che volevano eludere il pagamento dei dazi. Un sistema che assunse pure le funzioni di presidio sanitario. La vecchia torre medievale, che aveva forme quadrangolari e pareti verticali, fu così munita di contrafforti (l'attuale basamento a “tronco di piramide"), diventando la “sentinella" deputata a controllare il tratto di mare antistante, dialogando anche con le torri di Castiglioncello (tuttora esistente) e della foce del Cecina (inglobata successivamente nella villa Ginori). Odoardo Warren, ingegnere, scrisse - nell'"inventario" dei forti e torri costieri ordinato dai Lorena fra il 1739 e il 1749 - che la Torre di Vada era circondata da un fossato (forse comunicante con il mare) con ponte levatoio, in mezzo ad un territorio paludoso e di conseguenza malsano.Michele Montanelli, ricercatore indipendente, ha invece trattato l'argomento della via dei Cavalleggeri da Livorno a Vada. Fu negli anni Sessanta del 1500 che Cosimo I decise di formare un corpo di cavalleggeri capaci di muoversi tra le varie torri e forti costieri. Per questo fu realizzato un tracciato fra Livorno e la zona di Campiglia, che in parte seguiva probabilmente l'antica strada romana. Un tracciato senza ponti (costosi da costruire), ma punteggiato da guadi dei torrenti che dalle colline - nel tratto - scendono verso il mare. Guadi realizzati con il basto rovescio per permettere un attraversamenti sicuro. A Livorno c'era il Forte dei Cavalleggeri nell'area dell'attuale Terrazza Mascagni, poi c'erano le torri lungo costa come, fra le altre, Calafuria e Castiglioncello, le casette di sosta di Campolecciano e Monte alla Rena (attuale Rosignano Solvay). Un percorso - ha detto Montanelli - per ispezionare il tratto costiero, con l'obiettivo di impedire lo sbarco dei pirati, dei contrabbandieri, dei clandestini e di persone malate che potevano portare sul territorio toscano nuove malattie sconosciute (l'America, il Nuovo Mondo, era già stata scoperta). Tratti dell'antica strada sono ancora oggi “leggibili" sul territorio, come nella zona di Calignaia e - ha aggiunto Edina Regoli intervenendo in chiusura della prima sessione del convegno - probabilmente anche nell'area fra la Stazione di Castiglioncello e il Castello Pasquini, essendo anni fa affiorati alcuni reperti di lastricato nel corso di un sondaggio archeologico legato alla ricerca di tracce di una necropoli etrusca.Un contributo per quanto riguarda l'antica via dei Cavalleggeri - consapevolezza, valorizzazione storica, culturale e turistica del territorio costiero - è stato portato anche da Emanuele Panattoni e Marco Rossi del Lions Club Cecina-Rosignano. Sono stati trattati argomenti, promossi dal club e legati ai ponti e fortificazioni che incrociano l'antico tracciato. Ci sono stati poi il progetto “Sulle orme dei Cavalleggeri. alla riscoperta di una via storica" trattato dall'Istituto comprensivo Guerrazzi di Cecina e la campagna di posizionamento di cartelli (nel periodo 2023 - 2024) lungo la via dei Cavalleggeri (al ponte di Pietrabianca, presso le spiagge bianche di Vada, conosciuto comunemente come “ponte romano" e all'interno della pineta di Marina di Cecina). Il prossimo passo - hanno indicato gli esponenti del Lions Cecina-Rosignano - sarà di procedere con una versione tradotta in altre lingue della ricerca effettuata all'istituto Guerrazzi. Un progetto “sicuramente ambizioso ma non impossibile, sarà cercare di portare il service ad un livello informativo più elevato, ovvero regionale e magari anche nazionale, alla stregua delle altre vie italiane storiche come la via Francigena, proprio nell'ottica di promuovere e incrementare il turismo locale".

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Ultimo aggiornamento: 24/12/2024 10:18

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