OBERDAN CHIESA, UNA FIAMMELLA PER LE GIOVANI GENERAZIONI. LA CERIMONIA NELL’81° ANNIVERSARIO DELLA SUA FUCILAZIONE SI È SVOLTA IN PIAZZA DEL MERCATO A CAUSA DEL MALTEMPO

POI AL LILLATRO È STATA DEPOSTA UNA CORONA DI ALLORO. MEMORIA, ANTIFASCISMO, RESISTENZA, FUTURO NEGLI INTERVENTI DEL SINDACO CLAUDIO MARABOTTI, DI GIACOMO LUPPICHINI DELL’ANPI E DEL FILOSOFO SERGIO LABATE
Data:

01/02/2025

© Ignoto - Licenza sconosciuta

Descrizione

Nella Sala Auditorium di Piazza del Mercato a Rosignano Solvay gremita di cittadine e cittadini è stato ricordato nella mattinata del 1° febbraio Oberdan Chiesa, comunista e antifascista, che 81 anni fa venne fucilato da un plotone di repubblichini e carabinieri per rappresaglia in conseguenza di un attentato organizzato da partigiani livornesi. Accadde all’alba del 29 gennaio 1944 sulla spiaggia del Lillatro, dove una delegazione di autorità si è recata per deporre una corona di alloro. 

La cerimonia doveva tenersi come sempre sulla spiaggia, ma il maltempo - una pioggia battente accompagnata da refoli di vento gelido - hanno fatto decidere lo spostamento a Piazza del Mercato. Ed è qui si è tenuta l’emozionante cerimonia. O meglio si è ricordato, si è fatto esercizio di memoria, ma anche di storia e antifascismo, in un momento in cui democrazia e liberà sembrano essere diventati concetti e conquiste sempre più sfuocati. 

Colpiscono le parole pronunciate alla fine del suo intervento (di cui parleremo più dettagliatamente a seguire) da Sergio Labate, filosofo e docente all’università di Macerata. “Quando Oberdan Chiesa venne arrestato era con altri due compagni. Tre persone in tutto. Questo è il fascismo, il tragico della dittatura sta qui, in quelle tre persone che parlano o che prendono insieme un caffè. Il contrario del fascismo è la libertà e chi sta dalla parte della democrazia è antifascista. L’antifascismo non è solo la celebrazione delle vittime, ma anche una festa di vita nel senso che per la libertà si può anche sacrificare se stessi”.

E’ stato il sindaco Claudio Marabotti ad aprire la cerimonia e a ringraziare tutti i cittadini e le cittadine presenti nell’Auditorium. Ha parlato, il sindaco, della Resistenza, di tutti quei giovani, ragazze e ragazzi, che dopo l’8 settembre decisero di reagire. Ha parlato delle rappresaglie di tedeschi e repubblichini verso donne, uomini, giovani, bambini, anziani, soprattutto in Toscana e in Emilia Romagna.“Dopo l’armistizio di Cassibile, per un anno e mezzo - ha ricordato - ci furono eventi tragici contro civili inermi. Marzabotto, le Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Vinca, la strage del Padule di Fucecchio, le rappresaglie di Vada, del Saracino, dell’Acquabona, di Guardistallo”. Il fascismo fu un inganno che con la guerra distrusse il Paese, la Resistenza portò la liberazione. “Memoria di sangue, di fuoco, di martirio”: sono parole di Salvatore Quasimodo citate dal sindaco Marabotti. Versi, quelli di Quasimodo, in cui parla del “più vile sterminio di popolo” riferendosi alla strage di Marzabotto compiuta dai nazifascisti il 29 settembre del 1944. I versi sono oggi incisi sul Sacrario dei Caduti, in vetta al Monte Sole dove operava la brigata partigiana “Stella Rossa”. 

“È un compito difficile quello di preservare la memoria” ha sottolineato il sindaco Marabotti, pensando alle giovani generazioni a cui va trasmessa. “Non sempre il ricordo rende gli eventi attuali” ma è necessario accendere una luce verso il futuro, “parlando con i giovani, come abbiamo fatto anche nel Giorno della Memoria con le scuole, l’ANPI, Un ponte per Anna Frank”, proiettando film e leggendo libri. Ha poi proseguito, allargando lo sguardo oltre l’orizzonte, riflettendo sull’oggi, sui cambiamenti politici e sociali, sullo sgretolamento del principio di solidarietà e sul no alla guerra (e alle guerre) che è “un atto riprovevole che deve essere ripudiato”, sul welfare sempre più sotto attacco che sembra voler lasciare il posto al warfare e sulla necessità di un risveglio delle coscienze.

Giacomo Luppichini, dell’ANPI di Rosignano, ha parlato di memoria individuale (pensando ai suoi nonni e ad altre sei persone che furono trucidate dalle SS al Saracino) e di memoria collettiva, quella che si nutre di “un senso politico”, al sangue “non versato invano”, agli attacchi velenosi alla nostra Costituzione nata dopo la tragedia della guerra. E ha indicato Oberdan Chiesa, con il suo esempio, come “una fiammella nel delirio di quel mondo intero”.

Subito dopo aver preso la parola, il professor Labate ha detto di essere emozionato perché per la prima volta “devo parlare di antifascismo di fronte a mio figlio di 8 anni”. E si è posto la domanda: come trasmettere la memoria quando i testimoni diretti non ci sono più? Per di più in un tempo, il nostro, nel quale sembra essere sempre più calpestata. Ha quindi fatto riferimento alla trasformazione della politica, vissuta prima come speranza e poi diventata regno della disperazione. Quella di Oberdan Chiesa, ha detto, è stata “una vita politica” nella quale si ritrovano i fondamenti dell’utopia della solidarietà. Ed ecco il problema da risolvere, quello di “noi non testimoni diretti che dobbiamo trasmettere la memoria a ragazzi che stanno tutto il giorno su Tik Tok”. Labate ha affermato che “oggi, in questo anniversario della morte di Oberdan Chiesa, siamo a celebrare un fatto storico che è diverso dalla memoria. La storia non è un racconto, la fanno i fatti. Di Oberdan Chiesa di ha colpito non la sua morte, ma la sua vita, perché l’antifascismo non è liturgia, ma una forma di vita, che è quello che dobbiamo fare noi”.

Alla cerimonia erano presenti i gonfaloni del Comune di Rosignano Marittimo, dove Chiesa fu ucciso, e di Livorno, città dove era nato, ma anche di altri Comuni vicini rappresentanti dai sindaci o loro delegati. Ha partecipato anche la presidente della Provincia di Livorno, Sandra Scarpellini (che è anche sindaco di Castagneto Carducci). Al posto del picchetto d’onore che non è stato schierato in quanto la cerimonia si è svolta al chiuso, erano presenti due carabinieri in alta uniforme. Presenti tanti iscritti all’ANPI, l’associazione nazionale dei partigiani e grande partecipazione anche da parte delle associazioni di volontariato, fra cui Pubblica Assistenza e Croce Rossa.

All’inizio della cerimonia il Gruppo Filarmonico Solvay ha suonato l’Inno nazionale mentre in chiusura la tromba ha intonato il silenzio. Poi il Coro Partigiano “Pietro Gori” ha cantato alcuni canti della tradizione, chiudendo con “Bella Ciao”.

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Ultimo aggiornamento: 01/02/2025 13:51

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